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Categoria Eventi:
Mostre
Data:
17:00 13.01.2019 - 19:30 10.02.2019
Ubicazione:
Pubblicato da:
Matera International Photography
Patrocinato dal Comune
di Matera
Comune di Matera

Descrizione

Inaugurazione: domenica 13 gennaio, 17:00
Ex ospedale di San Rocco (primo piano) - piazza San Giovanni - MATERA


Orari apertura mostra: 10:00/12,30 - 16:00/19:30
INGRESSO GRATUITO

Favela di Fabrizio Jelmini
Toccante reportage fotografico ispirato dalla capacità di riconoscere ciò che l’occhio guarda e la mente vede.

In una favela di Salvador de Bahia, nel Nordest del Brasile, si svolge una intensa vita quotidiana, regolata da una indigenza che non priva gli abitanti della propria dignità. Vicenda minimale (forse), che solo il buon reportage ha modo di elevare a storia raccontata.

A questo punto, una domanda d’obbligo: qual è il succo che qualifica il fotografo, distinguendolo come tale, appunto fotografo? La consapevolezza, assecondata, che la sua sia una scelta di vita, uno stile da incoraggiare e sostenere.

Indipendentemente dalle ore riservate allo svolgimento del mestiere, secondo canoni che dipendono da infiniti fattori, il fotografo autentico non subordina se stesso allo scorrere delle lancette sul quadrante dell’orologio.

È fotografo anche senza macchina fotografica, è fotografo perché ha educato il proprio modo di guardare la vita, vedendola. Insomma, non è solo un lavoro, ma un accumulo di emozioni ed esperienze esistenziali, in qualità/quantità dipendente dagli indirizzi (dal reportage alla moda, alla pubblicità, alla fotografia di cerimonia o industriale, alla fotografia di strada).

Ciò che il fotografo incontra si converte sempre in insegnamento. Come afferma Fabrizio Jelmini, fotogiornalista (e altro ancora) che ha ispirato queste riflessioni, «La fotografia ti mette sempre in discussione; l’ansia dell’incarico, piuttosto che della conclusione di un iter fotografico progettato in proprio, ti porta a ragionare.

A conseguenza, analizzando al meglio le azioni in svolgimento, riesci a comunicare ciò che effettivamente vedi, e come lo vedi».

 

Progetto per contribuire a un cambiamento possibile, perlomeno a rallentare i danni che alcune socialità controverse e contraddittorie stanno producendo, sia in buonafede (comunque colpevole), sia in malafede (ed è peggio): una certa mal-fotografia che alimenta quella orrenda Società dello spettacolo sulla quale il filosofo francese Guy Debord ha fatto riflettere nel suo saggio omonimo, del 1967. Il “genocidio culturale” teorizzato da Pier Paolo Pasolini (a partire da una tavola rotonda su Ideologia e politica nell’Italia che cambia, svoltasi a Milano, il 7 settembre 1974; intervento pubblicato su Rinascita, il successivo ventisette settembre; quindi, incluso in Scritti corsari, Garzanti, dal 1975) ha spinto Francesco Mazza, Antonello Di Gennaro e Maurizio Rebuzzini, ciascuno per proprie competenze e tutti insieme per intenzione, a parlarne e operare in senso inverso. L’occasione di Matera 2019 è sembrata imperdibile: si preventiva che un milione di persone visiteranno Matera e i suoi Sassi... perché non parlare una lingua fotografica elevata? perché perdere un’occasione tanto importante? Francesco Mazza, che vive e opera nel settore commerciale della fotografia a Catanzaro, Antonello Di Gennaro, fotografo e cittadino materano, e Maurizio Rebuzzini, da Milano, osservatore delle fenomenologie fotografiche, sono approdati al comune accordo di proporre una fotografia ideologicamente meridiana, capace di coniugare e assolvere perfino quella fidelizzazione consapevole che consente a ognuno di avvicinare la stessa Fotografia con passo convinto e partecipazione consequenziale (anche commerciale, sia chiaro). Ciascuno di loro, con le proprie competenze, ha contribuito al progetto Coscienza dell’Uomo, che si distribuisce lungo tutto il Duemiladiciannove, partendo da questi primi passi. Già... Coscienza dell’Uomo. Un invito a osservare, piuttosto di giudicare. Una esortazione a pensare, invece di credere. In inviolabile passo fotografico. In correzione volontaria e consapevole di quel “genocidio culturale” che porta a nulla, che crea soltanto danni, che regredisce il pensiero individuale e collettivo... qualsiasi cosa significhi per ciascuno di noi.

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